Un viaggio attraverso le location più importanti della storia dei Queen non può che partire da qui, dall'esotica Zanzibar, e più precisamente dal labirinto di stradine e bazar di Stone Town, ovvero il centro storico della città che il 5 settembre 1946, presso il Government Hospital, diede i natali a Farrokh Bulsara.
In realtà, l'isola di Zanzibar è la principale delle isole dell'omonimo arcipelago composto da oltre quaranta isole, molte delle quali di ridotte dimensioni e disabitate. È conosciuta anche col nome di Unguja. Si trova nella metà inferiore dell'arcipelago, nell'Oceano Indiano, di fronte alla costa della Tanzania, circa 59 km a sud della seconda più grande isola dell'arcipelago, Pemba.
Sulle spiagge di questo luogo dall'atmosfera romanzesca sorgono gli imponenti palazzi dei sultani, un antico forte arabo e diversi edifici coloniali, reminiscenza di un passato che richiama intrighi di corte, favolosi harem, ricchezze senza eguali, ma anche schiavitù e distruzioni dovute alle invasioni di molteplici popolazioni: assiri, sumeri, egizi, persiani e arabi, fino a cinesi, olandesi portoghesi e inglesi.
Il giovane Farrokh visse qui fino a febbraio del 1955, quando a poco più di 8 anni di età venne mandato a studiare al St. Peter's Boys School, un collegio britannico a Panchgani, a 380 km a sud di Bombay. I suoi genitori infatti erano originari del Gujarat, una regione dell'India occidentale, ma si trasferirono a Zanzibar a causa del lavoro del padre, Bomi Bulsara, cassiere della segreteria di Stato per le Colonie.
Farrokh, ormai diventato Freddie, tornò a Zanzibar nel 1963 dove completò gli studi presso la St. Joseph's Convent School, un istituto cattolico, ma dovette lasciare l'isola definitivamente nel 1964, spostandosi con tutta la famiglia in Gran Bretagna a causa della rivoluzione di Zanzibar che portò al rovesciamento del governo eletto solo un anno prima.
Il padre di Farrokh lavorara nel Beit-el Ajaib, la “casa delle meraviglie” edificata a fine Ottocento dal sultano Sayyid Barghash come palazzo per le cerimonie. Sopravvissuto al cannoneggiamento della flotta britannica, all'epoca era l'edificio più alto di tutta l'Africa Orientale e vantava un meraviglioso giardino botanico. Anni dopo è stato ristrutturato e convertito nel principale museo della città.
C'è però un altro museo che, per un fan dei Queen, rappresenta la tappa più importante di un tour in questi luoghi ed è il Freddie Mercury Museum. È stato fondato nel 2019 grazie all’iniziativa di due imprenditori: il ligure Andrea Boero, che vive da anni a Zanzibar, e il zanzibarino Javed Jafferji, un amico della famiglia Bulsara. Situato al piano terra della casa dove Freddie Mercury trascorse gran parte della sua infanzia, raccoglie vari cimeli, tra cui il suo certificato di nascita, decine di foto esclusive, testimonianze dei suoi amici più stretti e dediche di vari personaggi, cercando di ricostruire le radici zoroastriane del cantante, la sua fanciullezza in Zanzibar, la scuola a Panchgani e il percorso che lo ha portato a diventare l'artista che tutti abbiamo imparato a conoscere.
Un doveroso omaggio che però la sua patria natale gli ha reso con colpevole ritardo. Anzi, va evidenziato come, in vita, Mercury fosse un perfetto sconosciuto per la quasi totalità degli zanzibarini, mentre dopo la sua morte fu addirittura per lungo tempo inviso alle istituzioni a causa della sua natura omosessuale in netto contrasto con i dettami dell'Islam.
Il giovane Farrokh visse qui fino a febbraio del 1955, quando a poco più di 8 anni di età venne mandato a studiare al St. Peter's Boys School, un collegio britannico a Panchgani, a 380 km a sud di Bombay. I suoi genitori infatti erano originari del Gujarat, una regione dell'India occidentale, ma si trasferirono a Zanzibar a causa del lavoro del padre, Bomi Bulsara, cassiere della segreteria di Stato per le Colonie.
Farrokh, ormai diventato Freddie, tornò a Zanzibar nel 1963 dove completò gli studi presso la St. Joseph's Convent School, un istituto cattolico, ma dovette lasciare l'isola definitivamente nel 1964, spostandosi con tutta la famiglia in Gran Bretagna a causa della rivoluzione di Zanzibar che portò al rovesciamento del governo eletto solo un anno prima.
Il padre di Farrokh lavorara nel Beit-el Ajaib, la “casa delle meraviglie” edificata a fine Ottocento dal sultano Sayyid Barghash come palazzo per le cerimonie. Sopravvissuto al cannoneggiamento della flotta britannica, all'epoca era l'edificio più alto di tutta l'Africa Orientale e vantava un meraviglioso giardino botanico. Anni dopo è stato ristrutturato e convertito nel principale museo della città.
C'è però un altro museo che, per un fan dei Queen, rappresenta la tappa più importante di un tour in questi luoghi ed è il Freddie Mercury Museum. È stato fondato nel 2019 grazie all’iniziativa di due imprenditori: il ligure Andrea Boero, che vive da anni a Zanzibar, e il zanzibarino Javed Jafferji, un amico della famiglia Bulsara. Situato al piano terra della casa dove Freddie Mercury trascorse gran parte della sua infanzia, raccoglie vari cimeli, tra cui il suo certificato di nascita, decine di foto esclusive, testimonianze dei suoi amici più stretti e dediche di vari personaggi, cercando di ricostruire le radici zoroastriane del cantante, la sua fanciullezza in Zanzibar, la scuola a Panchgani e il percorso che lo ha portato a diventare l'artista che tutti abbiamo imparato a conoscere.
Un doveroso omaggio che però la sua patria natale gli ha reso con colpevole ritardo. Anzi, va evidenziato come, in vita, Mercury fosse un perfetto sconosciuto per la quasi totalità degli zanzibarini, mentre dopo la sua morte fu addirittura per lungo tempo inviso alle istituzioni a causa della sua natura omosessuale in netto contrasto con i dettami dell'Islam.
Brano consigliato: Seven Seas of Rhye (Freddie Mercury – 1974)
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